Cosa esce dal camino?
Si sente spesso ripetere (da fonti interessate) che l’inceneritore è responsabile dell’emissione di meno dell’1% delle polveri fini (PM10 e PM2.5) che inquinano l’aria di Brescia. Questo dato esprime una verità talmente parziale da risultare fuorviante: si riferisce infatti solo alle polveri emesse come tali direttamente dal camino in atmosfera (polveri fini primarie), ed omette quelle che si formano in atmosfera a seguito di reazioni tra determinati composti gassosi (polveri fini secondarie). Dal camino dell’inceneritore fuoriescono circa il 15% (più di 350 tonnellate) di gas responsabili dell’inquinamento da PM10 e PM2.5 dell’aria di Brescia (principalmente ossidi di azoto, di zolfo e ammoniaca).
Una tonnellata di rifiuti bruciati produce 6 mila metri cubi di fumi e dal camino dell’inceneritore di Brescia escono ogni anno più di 4 miliardi di metri cubi di aria, ognuno dei quali contiene circa 100 mg di inquinanti. Le principali categorie sono: polveri fini e ultrafini, ossidi di azoto, di zolfo e di carbonio, composti organici volatili, metalli pesanti e diossine.
Generalmente si pensa che i filtri adoperati per purificare i fumi riescano a trattenere la quasi totalità di questi inquinanti, ma in realtà anche i filtri tecnologicamente più avanzati abbattono solo gli scarti più grossolani. Le particelle emesse dai termovalorizzatori appartengono in prevalenza alla frazione ultrafine (dimensione inferiore a 0,1 micron). Anche le più moderne tecnologie di abbattimento degli inquinanti danno scarsi risultati per particelle di dimensioni così ridotte.
Per di più, l’inceneritore di Brescia, oltre a essere un impianto costruito vent’anni fa e quindi piuttosto obsoleto, è dotato di sistemi di abbattimento degli inquinanti nei fumi che non sempre corrispondono alla migliore tecnologia disponibile. Con riferimento, per esempio, all’ossido di azoto, inquinante particolarmente critico per la nostra città, i filtri del termovalorizzatore bresciano ne lasciano passare circa il 50% in più rispetto ai filtri dell’inceneritore Silla di Milano (55/60 contro 35/40 milligrammi per metro cubo), nonostante entrambi gli impianti siano gestiti da A2A.
I limiti di concentrazione degli inquinanti imposti dalla normativa sono riferiti al metro cubo di fumi e non all’emissione totale. Pertanto bruciando più rifiuti si ottengono più fumi e quindi più emissioni inquinanti, ma si rimane sempre nei parametri di legge. Detto in altri termini, i limiti sono relativi alla qualità e non alla quantità delle emissioni, quindi non considerano l’impatto totale sull’ambiente nell’arco, per esempio, di un anno. Inoltre, i dati delle emissioni forniti dai proprietari degli impianti o dagli enti di controllo non sono rappresentativi del loro effettivo inquinamento, perché rilevati in condizioni ideali di funzionamento.
Per quanto riguarda diossine e PCB (sostanze chimiche tossiche e persistenti nell’ambiente, che si accumulano nella catena alimentare), è probabile che le emissioni fuoriuscite dal camino dell’inceneritore siano state a lungo sottostimate: una relazione tecnica dell’Arpa del 2009 ha calcolato infatti che esse siano almeno 10 volte superiori a quelle rilevate nel corso degli anni dall’Istituto Mario Negri e rese pubbliche da A2A. Le diossine sono tra le sostanze più tossiche in assoluto, tanto che per avvelenare una persona ne bastano pochi milionesimi di grammi. Inoltre non sono inquinanti biodegradabili, pertanto si accumulano al suolo contaminando i terreni, come è accaduto a Brescia a causa dell’inquinamento prodotto dall’azienda Caffaro.
Il danno dell’inceneritore, in termini di inquinamento, si deve misurare anche in rapporto a ciò che comporta il transito sul territorio di più di 50 mila camion che ogni anno trasportano in città centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti.
L’incenerimento trasforma i rifiuti in fumi inquinanti e in scorie da smaltire in discarica. Circa il 30% dei rifiuti in ingresso è costituito da componenti non combustibili, stimate in più di 200 mila tonnellate all’anno, che vengono smaltite in discariche speciali. Le polveri, di cui restano impregnati i filtri, corrispondono a circa il 4% del peso del rifiuto ancora da incenerire e il loro livello di tossicità è tale da richiedere complessi sistemi di immagazzinamento: sono trasportate con camion in Germania e interrate in miniere nelle quali si è esaurita l’attività estrattiva.